DURELLO, UN COMPAGNO DI STRADA
di Alfredo Pelle (Accademia Italiana della Cucina)
Una
considerazione di base anima questo mio piacere/lavoro di gastronomo: se è
vero che l'alimentazione è una necessità ritengo che la gastronomia
sia una forma evoluta della cultura, forma che partecipa, a pari merito di altre,
alla definizione di una civiltà.
E così come il bello ha valenze assolute e non stanca mai anche la buona
cucina ha le stesse caratteristiche. D'altra parte la cantina permette alla cucina
di unirsi in un connubio inseparabile e l'insieme può diventare arte inesauribile
che fornisce le più vaste possibilità alle sensazioni più piacevoli
e gradevoli.
Un antico detto popolare sintetizza questi concetti con semplicità: "La
cantina mangia la cucina".
Espressione di una validità assoluta, di un legame profondo fra quanto è
prodotto e quanto viene bevuto, di una storia di uomini, di fatiche, di lavoro,
di risultati...
Così sappiamo perché questo giovane Doc che è il Durello trova
spazio di grande dignità nella gastronomia veneta e perché possa spaziare
laddove i cibi siano compatibili con le sue radici storiche.
A grande piatto grande vino: come non abbinare al baccalà alla vicentina
questo Durello che con la sua acidità promette un matrimonio d'amore?
Ed i bianchi asparagi del bassanese (ora presenti, in stagione, ovunque), famosi
per sapore, consistenza, bianchezza e... volume, come potrebbero stare lontani dal
Durello quando, mangiati con l'uovo stemperato con la forchetta, unito ad olio,
pepe, sale e ad un cenno di aceto bianco ( i francesi dicono "un soupçon",
un sospetto) avvertono di aver reso felice il palato?
Ma qui siamo nella storia e nella logica di un vino che ha qui le sue radici: provate
a berlo come aperitivo, stuzzicati da quelle piccole "carinerie" che Vi arrivano
nei vassoi, al buffet: piccole fritture di verdure in pastella, olive ascolane,
pesciolini, tartine, piccole sfogliatine...
O, ancora, sedeteVi a tavola ed accompagnatelo ad antipasti o primi piatti di pesce
anche "costruiti" come i pasticci, a minestre di verdure o risotti con erbe spontanee,
a crespelle ripiene in vari modi e sentirete quale abbinamento si possa ottenere.
Lumache, pesci di mare ed anguille, in special modo, lo accettano come connubio
imprescindibile, ma anche crostacei, aragoste, astici, scampi. E le più semplici
uova, dalla frittata in poi, lo accettano con benevolenza...
Non dobbiamo neppure dimenticare la validità del "passito" ad accompagnarsi
a piatti della grande tradizione: paté di fegato, fegato grasso, formaggi
erborinati o di pregnante sapore ben si sposano con questo vino il cui profumo ed
il corpo pieno sono sinonimo di alta personalità. Proviamo il brut, fresco
ed elegante, mangiando fragole (il che ci rimanda ad Holliwood) od usiamolo per
qualche cocktail quale il Mimosa, unendolo a succo di mandarino, o il celebratissimo
Bellini, con succo di pesca e vedremo quali possibilità di piacere vi sono
racchiuse.
Asclepiade di Samo scrisse: "Spia dell'amore è il vino" e da noi
c'è un detto popolare, ma non per questo meno valido in termini cultural-gastronomici,
che recita: "Il vino è buono per chi lo sa bere". Lo dimostreremo
accompagnandolo a piatti che sono il frutto dell'antico buon gusto e della tradizione
veneta. Un sorso di buon vino rallegrerà il cammino: anche quello della vita!!!